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Gli illustri sconosciuti del cloud
Dall’articolo My Cloud Learning Journey: Part 5 “The Super Unknowns” di Tim Clayton, Marketing Business Services
Vediamo cosa significano OpenStack e Cloud Foundry leggendo l’intervista fatta a Krishnan Subramanian, un esperto IT molto ottimista sul cloud e su tutte le opportunità che ruotano intorno ad esso.
L’idea alla base dell’Open Source è puro altruismo, corretto?
“Un po’ sì e un po’ no” risponde Krish. “Può succedere che i risultati di lavoro vengano resi accessibili a tutti per il bene comune, ma la maggior parte delle persone che contribuisce, sia a livello aziendale che personale, lo fa comunque perché sa di poter ottenere dei vantaggi. Sia le aziende che le singole persone quindi, si aiutano tra di loro al fine di poter utilizzare soluzioni migliori e trarne vantaggio.”
Immagino che ci sono aziende che non vedono di buon occhio l’ingresso nel mercato delle infrastrutture gratuite. Non avrebbero dovuto sviluppare e brevettare le loro tecnologie prima in modo da restringere il mercato?
Sviluppare un OpenStack richiede il supporto di migliaia di persone qualificate e un pool di risorse di solito molto costoso. Nessuna azienda sarebbe in grado di impostare ed eseguire un così grande progetto. Inoltre, il rischio diventerebbe ancora più grande se la concorrenza, nel frattempo, dovesse lavorare su soluzioni diverse. Ci si troverebbe con tre o quattro piattaforme tutte alla ricerca di quote di mercato, ma con una sola in grado di ottenere un successo reale, mentre le altre possono al massimo aspirare a far affondare la soluzione con una posizione più solida.
Le iniziative Open Source sono davvero vantaggiose per tutti. Sia per le grandi imprese che possono ottenere le migliori soluzioni possibili senza i rischi legati all’innovazione, che per le piccole imprese che, grazie alle soluzioni Platform-as-a-Service, possono costruire prototipi ed entrare sul mercato senza grandi impieghi di capitali.
Quindi i grandi capitalisti sono costretti a perdere soldi a palate, dico bene?
“In realtà, per i grandi capitalisti significa poter fare le cose con un po’ di sicurezza in più. Le piccole e medie imprese hanno ancora bisogno di capitali. Possono raggiungere la fase del protocollo, ma per crescere avranno bisogno di ulteriori investimenti. Questo significa che i grandi capitalisti possono vedere le idee nella loro fase di maturazione e, quando ritengono che il prodotto sia valido, possono investire su quell’azienda”.
Per creare nuove tecnologie, cosa è meglio? 10 geni insieme in una stanza o 10.000 persone intelligenti provenienti da tutto il mondo?
Non è una questione di dimensioni. Come dice Krish, “con migliaia di persone a controllare è più facile scoprire bug e problemi nei codici. Questi dovranno essere a loro volta riparati in modo da migliorare il prodotto. Se invece si dispone di un tradizionale team di sviluppatori, magari tutti geni, anche loro dovranno avere a che fare con limiti di tempo e di risorse.”
Qual è quindi l’obiettivo finale di questo sistema? Quello di sostituire le community Open Source con le macchine?
“In futuro, le comunità OpenStack potrebbero non scrivere più i codici per l’infrastruttura, ma non possiamo lasciare tutto in mano alle macchine. Le persone saranno sempre i guardiani del sistema e saranno fondamentali per la salvaguardia dei codici.”
In tutto questo discorso, dov’è il collegamento con il cloud?
Molte aziende e persone sono ancora alla ricerca del giusto mix tra cloud privato, pubblico e ibrido, pur non essendo bene a conoscenza delle possibilità tecnologiche e dei trend aziendali che sono proprio dietro l’angolo. L’Open Source è essenziale perché il cloud deve essere veloce e ha bisogno di reazione. L’IT tradizionale, anche se gestito da grandi geni dell’informatica, non sarà mai abbastanza veloce per competere sul mercato, non sarà in grado di trovare gli errori all’interno del suo codice e non offrirà flessibilità.
“Il mio lavoro consiste nell’aiutare le persone a usufruire di una tecnologia che va bene sia oggi che domani,” dice Krish. “Io dico sempre che bisogna trattare l’IT come un essere vivente, in grado di evolversi e cambiare ogni giorno.” Senza l’Open Source il cloud sarebbe molto più lento.
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